Allievo Carabiniere Torino caserma Cernaia - chi sono

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Allievo Carabiniere Torino caserma Cernaia

carriera militare
Torino, caserma Cernaia, 17 Luglio 1960 13 Giugno 1961, allievo Carabiniere, prima compagnia terzo plotone.
promosso Carabiniere-cerimonia giuramento

Dopo il corso di addestramento da Luglio 1960 a Giugno 1961, presso la scuola allievi di Torino, caserma Cernaia, insieme a gran parte degli allievi del suo corso, era in attesa di destinazione presso uno dei comandi territoriali della penisola.
Improvvisamente, fu dato ordine di prepararsi a partire, armati ed equipaggiati, verso ignota destinazione.
Nelle prime ore del giorno 14 Giugno, adunata generale nel grande cortile piazza d’armi da dove, a bordo di camion e mezzi militari furono trasportati presso la stazione centrale di Torino e fatti salire su un treno tradotta militare.
Nessuno riusciva a capire il motivo e la destinazione conosciuto solo dagli alti comandi.
A piccoli gruppi al comando di un giovane sottufficiale gli allievi, oramai carabinieri con ferma volontaria di 3 anni, vennero dislocati in caserme o edifici civili requisiti dalle autorità militari.
Il nostro giovane, allora ventunenne, venne inviato, insieme ad altri dieci colleghi al comando di un giovane vice brigadiere, in Val Venosta in località Tel, piccola stazione ferroviaria del Comune di Parcines dove si insediarono in un alberghetto ristorante chiamato Bad Egart, sito nei pressi della stazione ferroviaria di Tell.
Quasi subito furono predisposti turni di servizio di 4 ore per ogni allievo incaricato di vigilare un tratto di binari ferroviari limitrofi al fiume Adige di collegamento tra Merano e Naturno.
Solo dopo scoprirono l’antefatto.
La notte tra il 12 e 13 Giugno, rivoltosi altoatesini, avevano minato e fatto saltare monumenti, edifici e strutture militari in tutta la regione per rivendicare l’indipendenza dall’Italia considerata stato occupante.
Giovani allo sbaraglio, ingenui e inesperti, lontani dai luoghi di origine, per lo più meridionali, i quali, dal sole e dalle miti stagioni vissero i disagi di un precoce e rigido inverno tra le nevose montagne di una regione d’Italia bilingue, vissuta senza poter comunicare con la popolazione per la quasi totalità di lingua tedesca.
Lunghe notti all’addiaccio lungo il tracciato ferroviario tra gallerie, ciottoli e sassi, al freddo umido dell’Adige ghiacciato e per protezione dal freddo un cappotto di panno cachi foderato di agnello, mutande lunghe di cotone spacciato per lana e, per fortuna, una vivace e vigorosa gioventù che li sostenne anche nei momenti di solitudine tra contrastanti pensieri, timorosi anche per possibili improvvisi attacchi e tragici eventi ostili.
Il giovane sognava la sua città di origine pur non conoscendo allora l’antica storia e l’origine greca, ma fortemente sperava ogni momento di ritornare nei luoghi dove nacque e visse i primi suoi vent’anni.
Agnello in mezzo ai lupi, tra tedeschi e veneti immigrati, ingenuo e speranzoso, rischiò di farsi male.
Alla fine dell’anno, grazie a Dio, gli fu concessa una licenza di giorni 5 più il viaggio e, finalmente, dopo oltre 24 ore in treno con cambio e ripartenza dalla stazione di Verona, dalla Calabria, alla vista della Sicilia si rincuorò e, con le lacrime agli occhi, attraversò con il traghetto lo stretto di Messina ammirando la sua agognata terra dal ponte più alto della nave e poi, sempre affacciato al finestrino del treno, si dissetò emozionato alla vista dei panorami ammirati alternativamente a destra e a sinistra di tutta la costa Ionica.
In realtà anche l’anno precedente nelle stesse date, a metà corso, il giovane allievo aveva fruito analoga licenza di 5 giorni più il viaggio ma fu triste quella volta la breve vacanza.
Pochi giorni prima l’anziana nonna materna, ranna Maricchia, al secolo Maria Moscuzza, era deceduta senza che lui fosse stato informato dai genitori per non rattristarlo.
Finita la vacanza il giovane tornò a Tell e riprese il normale servizio e fu li che un giorno fu assegnato al servizio di cucina nonostante on sapesse cosa e come fare.
Alcuni colleghi lo aiutarono a cuocere la pasta, spaghetti da condire con una salsa preparata da altri.
Gli insegnarono pazientemente a mettere sul fuoco un pentolone per cuocere la pasta ma fu un dramma tanto che gli spaghetti, troppi per l’acqua bollente, e le aggiunte successive, risultarono scotti e quasi immangiabili tra le proteste dei commensali che mai più mi federo avvicinare ai fornelli.
Dopo qualche tempo pensò di accettare la proposta di trasferimento presso il comando della città di Bolzano sito in via Dante dove cercavano un falegname, mestiere che aveva frequentato da ragazzo a poco prima dell’arruolamento e fu così che fece ritorno in un contesto più civile.
Nel nuovo incarico di falegname svolse servizi interni di caserma e piccole manutenzioni alle strutture in legno dell’edificio e ai mobili della caserma, ma sempre con l’aspirazione di un provvidenziale trasferimento più vicino alla Sicilia e alla sua città.
Qualche mese dopo accettò altra interpellanza per destinazione Roma quale falegname ma venne accettata la destinazione alternativa presso la legione di Milano. Niente male, pensò, a Varese c’era suo fratello maggiore e quella vicinanza del fratello con la famiglia poteva confortarlo.
Dopo il breve soggiorno di alcuni mesi nella metropoli lombarda nel corso del quale partecipò ad alcuni corsi d’istruzione presso il battaglione mobile venne destinato in servizio definitivo presso il comando gruppo della città di Varese, ma fu presto trasferito “per opportunità” in conseguenza che nello stesso comune risiedeva il fratello Sebastiano e questo per l’Arma del tempo era inconciliabile.
Ancora un trasferimento al nord con destinazione Corteolona nella bassa Padana dove dovette imparare a cucinare se voleva mangiare e quindi, pazientemente aiutato dai colleghi più anziani riuscì a preparare pietanze accettabili.
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