Sicilia Araba Sicilia Libera ai Siciliani
MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA fondato nel 1943
La Sicilia araba a cura di Giuseppe & Salvo Musumeci
Evoluzione storica del Popolo Siciliano: iniziò un lento processo di acculturazione che avrebbe inciso profondamente sull'identità siciliana ...
"Per meglio comprendere la cesura unitaria" sulla formazione identitaria del popolo siciliano.
Ai Bizantini successero gli Arabi, che conquistarono l'Isola gradualmente e la governarono dall'827 al 1060.
La Sicilia entrò progressivamente a far parte del Maghrib, ossia dell'Occidente arabo-islamico. E, soprattutto, iniziò il lento processo di un'ampia acculturazione che avrebbe fortemente inciso sulla formazione identitaria del popolo Siciliano.
Gli anni che vanno dalla metà del X sec. fino ai primi decenni dell'XI sono considerati l'epoca d'oro dell'Islam siciliano, poiché segnarono la fioritura culturale alla corte di Palermo.
Positivo fu soprattutto il governo efficiente e pacifico dell'emiro Abu'I-Futùh Yusuf {989-998).
Gli Arabi in contatto con le progredite popolazioni europee, si rivelarono un popolo molto efficiente e produttivo, facendo passare in secondo piano il loro carattere guerriero ed oppressivo. Infatti, contribuirono notevolmente allo sviluppo economico e civile, operando anche nel campo delle ricerche matematiche, astronomiche e medico-filosofiche.
Ma la vera rivoluzione, gli Arabi, la introdussero in agricoltura, con la coltivazione del riso, delle nocciole, delle carrube, del gelso le cui foglie venivano utilizzate per la nascente industria serica e la coltivazione degli agrumi.
Misero la Sicilia sotto la giurisdizione di un emiro con sede a Palermo - città che in quel periodo raggiunse un imponente sviluppo, con una popolazione superiore ai 300.000 abitanti, ricca di industrie e di commerci, come ricordano le descrizioni lasciate da lbn-Hanakal e dal geografo ldrisi in epoca normanna, dipendente dal califfo d'Egitto, dividendola, di conseguenza, in tre Valli: Val di Mazara per la parte centro-occidentale dell'isola; Val Demone (probabilmente dall'antica città di Dimena, conquistata e diroccata dagli Arabi), per la parte nord-orientale; Val di Noto per la parte sud orientale; amministrati da Kadì (in lingua siciliana gaìti).
Gli Arabi però, imposero pesanti tasse, come la gezia, per coloro che volevano rimanere crist iani : fu così che molti siciliani si convertirono all' Isla mismo, anche se per convenienza, contribuendo ad accrescere le fila dei seguaci di Allah.
La popolazione era distinta in indipendente, che conservava i vecchi ordinamenti giuridici; in tributaria, che pagava la gezia, e per il resto era libera; in vassalla o dsimni frutto della conquista, che viveva assoggettata; e in servi della gleba o memluk, legati ai latifondi che coltivavano. Comunque, fu soprattutto una politica economica illuminata ad aiutare la conciliazione fra gli arabi e i siciliani.
Il commercio prosperò perché la Sicilia ebbe di nuovo il vantaggio di trovarsi al centro di un'immensa confederazione che si estendeva dalla Spagna alla Siria. Da lbin-Hanakal e da tardi scrittori musulmani apprendiamo di sorgenti abbondanti e di un eccellente sistema di irrigazione, infatti, gli arabi costruirono canali "saje", portando dalla Persia alcune tecniche idrauliche, e piantarono limoni e aranci amari. Con loro arrivò anche la coltivazione del riso e della canna da zucchero e l'uso del mulino per macinarla, inoltre introdussero i semi del cotone, i primi gelsi e bachi da seta, la palma da dattero, il sommacco per la conciatura e la tintura, il carrubo, il nocciolo, il pistacchio ed il melone.
Non c'è dubbio che le descrizioni arabe della Sicilia come di un giardino da paradiso contenessero una certa esagerazione poetica, ciononostante, è incontestabile un certo grado di progresso economico. Cisterne e torri-serbatoio di quell'epoca sono rimasti in uso per molti secoli e ancora oggi sono riconoscibili. Oltre all'agricoltura, prosperava l'industria della pesca del tonno, secondo una tecnica nuova ed elaborata. Si estraevano argento, piombo, mercurio, zolfo, e minerali, vetriolo, antimonio e allume. Il sale siciliano divenne famoso all'estero e il sale di ammonio che si trovava vicino all'Etna veniva esportato in Spagna. L'arte della seta e della tessitura ebbero, sicuramente, un ruolo importante nell'economia.
La presenza araba influì anche sul linguaggio. Pur restando il siciliano sostanzialmente un idioma neo-latino in tutte le sue strutture fondamentali, molti vocaboli arabi furono assorbiti. Di fatto, le tracce lasciate dagli arabi nella cultura e nello spirito dei siciliani sono notevolissime. Rimonta a quel periodo la fioritura delle leggende plutoniche (i famosi tesori nascosti detti "truvature") e la nascita del personaggio popolare di Giufà, mentre è ancora evidente l'elemento arabo nella toponomastica isolana. Fu soprattutto l'influenza della lingua araba a dimostrarsi durevole e resistente alla conquista normanna per più di un secolo. L'impatto fu tale che ancora oggi rimangono tracce linguistiche anche nella topografia della Sicilia. Infatti, Gibel (montagna) e Colta (fortezza) sono termini di origine araba da tutti conosciuti.
La loro arte e architettura, sopravvivono ancora nella Zisa, nella Cuba e nella cupola della Martorana e di San Giovanni degli Eremiti a Palermo. Tuttavia, le floride condizioni furono, ben presto, rattristate dalle lotte intestine dei signori arabi, per cui il potere politico si frantumò in una lotta di famiglie rivali. E fu per una contesa di signorotti arabi, il Kadì lbn-at-Thumnh di Catania e lbn-al Hawwas di Agrigento, che in Sicilia vennero nel 1060 i normanni, iniziando un nuovo corso di storia.
Questi ultimi favorirono la fusione della cultura arabo-islamica con la normanno-sveva e così attraverso i secoli e per diverse vie la cultura araba è arrivata fino a noi, nello stile dei monumenti dell'arte "arabo-normanna", negli impianti urbanistici di numerosi centri e, mantenendosi nella lingua siciliana, nei nomi dei luoghi e delle persone, nelle tradizioni popolari e perfino nelle usanze gastronomiche.