Timoleonte - Storia

Cerca
Vai ai contenuti

Menu principale:

Timoleonte

PERSONAGGI

"ritratto di Timoleonte" - Giuseppe Patania



I funerali di Timoleonte,  in un dipinto di Giuseppe Sciuti (1874)


    

Timoleonte Cieco opera di Giuseppe Errante (Trapani 1760-Roma 1821)
Olio su tela, cm 57 x 47  Museo Pepoli, inv 235


Tratto dA: http://siracusae.it/timoleonte/

Timoleonte (in greco: Τιμολέων), nacque a Corinto, approssimativamente nel 411 a.C. e morì a Siracusa, approssimativamente nel 335 a.C.

Nato in una nobile famiglia corinzia, il padre si chiamava Timodemos, ebbe un’infanzia agiata e tranquilla.

Da giovane ebbe una normale carriera militare, tipica di un nobile. Per questo ebbe incarichi militari di notevole importanza, in un periodo abbastanza traumatico, che portò alla sconfitta dell’esercito Spartano dopo secoli di imbattibilità.

Nel 365 a.C., Timoleonte era il secondo in comando di un esercito di 3000 mercenari, al cui comando era il fratello Timofanes, che aveva il compito di difendere l’istmo di Corinto, di fronte ad un eventuale tentativo di invadere il Peloponneso.

Timofanes però decise di occupare con i suoi mercenari l’Acrocorinto, l’acropoli della città di Corinto, per poter imporre la sua tirannia sulla città.

Timoleonte non approvava che il fratello diventasse il tiranno di Corinto, e, con l’appoggio dei mercenari, si oppose. Tutto si concluse con l’uccisione di Timofanes, non è certo se direttamente per mano di Timoleonte o di altri

Timoleonte fu accusato di fratricidio e tradotto in giudizio, ma una parte della popolazione di Corinto lo riteneva un tirannicida, cioè salvatore della patria. Infatti si arrivò ad un giudizio che non decretò né l’ostracismo né l’assoluzione. Però da quel momento, pur mantenendo incarichi militari, non fu più tra i comandanti in capo dalle milizie corinzie.

Nel 347, a Siracusa, dopo aver cacciato il fratello Niseo, aveva ripreso il potere il tiranno Dionisio II.

Dopo due anni di insopportabile tirannia, una delegazione di cittadini Siracusani, stanchi della situazione di incertezza, nel 345 si recò a Sparta per chiedere aiuto.

Sparta, in quel periodo, dopo le sconfitte subite dall’esercito di Tebe di Beozia e la conseguente ribellione della Messenia, regione del Peloponneso, era in difficoltà e declinò l’invito. Allora i Siracusani si rivolsero alla loro città madre, cioè a Corinto.
I Corinzi decretarono di inviare un esercito di volontari e mercenari ed all’unanimità votarono di mettere a capo della spedizione Timoleonte.

In realtà, al di la del riconoscimento delle sue capacità di generale, sembra che una parte della popolazione non sopportasse la sua presenza a Corinto, ritenendolo un fratricida.
Nel frattempo, Hiketas, un generale siracusano che era diventato tiranno di Lentini si era offerto di liberare i Siracusani con l’appoggio dei Cartaginesi, stanziati nella parte occidentale della Sicilia, i quali, però, erano contrari all’intervento dei Greci di Timoleonte.

Hiketas era riuscito ad occupare Siracusa, eccetto l’isola di Ortigia, che era rimasta nelle mani del tiranno Dionisio.

Nel 344 Timoleonte salpò con 9 triremi, alla guida di un esercito di circa 1000 uomini tra Corinzi e mercenari alla volta della Sicilia, senza attraversare il mare aperto ma seguendo la costa. Durante il viaggio più volte i Cartaginesi tentarono di fermarlo, una prima volta nel Metaponto, quando una trireme cartaginese gli intimò di non proseguire il viaggio, ed una seconda volta quando riuscì ad arrivare a Rhegion, l’attuale Reggio Calabria.

Nonostante i Cartaginesi lo avessero diffidato dall’attraversare lo stretto di Messina, Timoleonte attraccò nell’unico porto siciliano disposto a riceverlo, Taormina, dove Andromaco, signore della città, nonostante il parere contrario dei cartaginesi ospitò i Corinzi.

Taormina divenne allora il quartier generale di Timoleonte e da lì attaccò via terra, e, pur essendo in inferiorità numerica (1200 contro circa 6000), sconfisse Hiketas nella battaglia di Adranon, una città dell’interno dell’isola, alle falde dell’Etna.

Si narra che gli abitanti della piccola città di Adranòn , alle falde dell’Etna, l’attuale Adrano, saputo che Timoleonte era arrivato in Sicilia e che era stato accolto da Andromaco di Tauromenion si trovarono in un forte dilemma. Infatti una fazione si appellava a Timoleonte un’altra a Iceta e ai Cartaginesi.

Entrambi, Iceta e Timoleonte, si affrettarono, con il proprio esercito, per arrivare alla città e farla passare dalla propria parte.

Iceta era a capo di cinquemila uomini ed arrivò primo ad Adranòn, mentre Timoleonte, che aveva solo millecinquecento soldati, arrivò poco dopo.

Alla fine della giornata seppe che i nemici si stavano accampando nei pressi di Adranòn.

Era già sera e i capi avevano ordinato ai soldati di accamparsi per riposarsi e rifocillarsi. Timoleonte si rivolse ai suoi corinzi pregandoli di non far nulla di tutto ciò, anzi di attaccare i nemici mentre erano in disordine e stavano per accamparsi, montando le tende e rifocillandosi. Prese uno scudo e incitò per primo alla battaglia i suoi soldati che lo seguirono coraggiosamente piombando sull’accampamento nemico che distava non più di 30 stadi (6÷7 km). I soldati di Iceta furono colti di sorpresa, trecento furono uccisi, almeno il doppio furono presi prigionieri e il campo conquistato.

Una leggenda narra che nel frattempo un avvenimento miracoloso accadde nel tempio del Dio Adranòs. La punta della lancia della divinità si mosse, il suo viso si rigò di gocce di sudore e le porte del tempio si aprirono automaticamente. Questi segni furono interpretati in favore di Timoleonte, per cui gli adraniti aprirono le porte della città e si unirono con lui in alleanza.
Timoleonte prese possesso della città che divenne il suo quartier generale.

Un evento particolarmente significativo, considerando il credo religioso delle popolazioni, fu il modo definito miracoloso con cui scampò ad un attentato di un sicario di Iceta.

Si diffuse la credenza che Timoleonte fosse protetto da una speciale provvidenza e di conseguenza molte città, tra cui Tindari, e Mamerkos, il tiranno di Katana, si allearono con Timoleonte, permettendogli di poter marciare su Siracusa dove Dionisio II era sempre asserragliato ad Ortigia.

Lo stesso Dionisio II, intimorito dalla facilità con cui era stato sconfitto l’esercito di Iceta nello stesso 344, offrì la resa a patto che Timoleonte gli permettesse di aver salva la vita.

Timoleonte accettò; Dionisio lasciò la città e, con una nave messagli a disposizione da Timoleonte, superato il blocco navale cartaginese, raggiunse prima Katana e quindi Corinto, dove morì in miseria, qualche mese dopo.
Cinquanta giorni dopo essere sbarcato in Sicilia, Timoleonte era padrone dell’isola di Ortigia.

Purtroppo era però assediato da terra da Hiketas e dal mare dalla flotta cartaginese.

Chiese quindi alla madre patria Corinto dei rinforzi (circa 2000 fanti e 200 cavalieri); intanto però il suo esercito si era rinforzato grazie ai mercenari di Dionisio, che gli si erano arresi e che lui aveva arruolato.

Difesa di Ortigia e conquista di tutta la città di Siracusa
Dopo aver passato l’inverno ad assediare la guarnigione corinzia dell’isola di Ortigia, che però era costantemente rifornita da Katana (l’attuale Catania) a mezzo di piccole barche che potevano passare attraverso il blocco delle navi cartaginesi, nel 343, Hiketas ricevette l’aiuto di un esercito cartaginese di circa 60.000 uomini, al comando di Magone.

Per tagliare la fonte dei rifornimenti di Timoleonte, forte dei nuovi arrivi, decise quindi di attaccare Katana, fonte dei rifornimenti di Timoleonte.

Timoleonte però approfittò dell’assenza del grosso dell’esercito cartaginese e catturò l’Acradina (in cui trovò grandi quantitativi di grano), rinforzando le difese e collegandola all’isola di Ortigia.

Magone e Hiketas furono costretti quindi a rientrare precipitosamente senza aver potuto occupare Katana.
Gli aiuti promessi da Corinto partirono nella primavera del 344 con una piccola flotta che prima approdò anch’essa a Rhegion, poi approfittando del cattivo tempo, riuscì ad eludere la flotta Cartaginese di guardia nello stretto, e dopo pochi giorni, anche grazie all’appoggio di Messina, si accamparono sulle rive dell’Anapo, pronti ad attaccare la città.

A questo punto si verificò un evento che poò essere definito il più fortunato dell’impresa di Timoleonte: all’improvviso Magone imbarcò tutte la sue truppe e fece ritorno a Cartagine per cause che tutt’ora sono incerte.
Timoleonte, di nuovo in supremazia militare, alla fine del 343, riconquistò Siracusa e il tiranno Hiketas si rifugiò a Lentini.

Il primo compito di Timoleonte fu di ripopolare la città, desolatamente vuota a seguito della guerra e dell’occupazione cartaginese; fece appello a tutti i cittadini del mondo greco di stabilirsi nella nuova Siracusa per vivere da liberi cittadini: risposero in circa 60.000, inclusi donne e bambini, di cui 5.000 erano Corinzi e 50.000 provenivano dalla Magna Grecia.

Vennero ridistribuite le abitazioni, senza però far torto ai vecchi abitanti ancora presenti e furono ridistribuite le terra ai vecchi ed ai nuovi abitanti.

Infine, per nascondere i segni evidenti del dispotismo, Timoleonte fece radere al suolo la cittadella di Siracusa, simbolo della tirannia, ed al suo posto eresse un palazzo dove veniva amministrata la Giustizia; riorganizzò radicalmente l‘amministrazione democratica della città e si affidò a due consiglieri,  due uomini di Corinto, Kephalos e Dionysios, sull’esempio delle città della Grecia. Sembra che la legislazione democratica varata da Timoleonte, che, non conosciamo nei particolari, ma doveva essere una forma di conservatorismo, sia stata operativa sino ai tempi dell’imperatore Augusto, quindi per oltre 300 anni.

Molte città della costa orientale, ma anche dell’interno, della Sicilia, di origine Greca, seguirono l’esempio di Siracusa, cacciarono i tiranni ed approdarono ad una amministrazione democratica, mentre le città, che non riuscivano a scacciare i tiranni, chiedendo aiuto a Siracusa, ricevevano sempre una risposta positiva da Timoleonte che riuscì così a liberare dalla tirannia tutte le città che lo richiedevano, fossero esse fondate dai Greci oppure governate da popolazioni autoctone (Siculi o Sicani).
Nell’estate del 342, Timoleonte attaccò Lentini, senza successo, ma in compenso liberò diverse città della Sicilia settentrionale che erano controllate dal tiranno Leptines, che catturato fu inviato a Corinto a condividere la sorte di Dionisio II. Quindi portò aiuto anche a città nella zona di influenza Cartaginese, nella parte occidentale dell’isola, riuscendo a strappare Entella e qualche altra città ai Cartaginesi, procurandosi un ingente bottino.

Cartagine, nel frattempo, si preparava a scacciare tutti i Greci dalla Sicilia, e, insofferente che Timoleonte operasse nella sua zona di influenza, ma anche sollecitata da Hiketas, raccolse un esercito di oltre 70.000 uomini tra cui circa 10.000 cavalieri e 2500 componenti il Battaglione Sacro, un reparto molto ben addestrato e soprattutto molto ben armato, con armi pesanti.

Da notare che il Battaglione Sacro, formato dai rampolli delle famiglie più importanti di Cartagine, era utilizzato solo in situazioni belliche considerate di importanza estrema, a dimostrazione di quanto importanza i cartaginesi dessero alla, per loro, nefasta influenza di Timoleonte sulle popolazioni e il territorio siciliano.

Questo esercito, formato anche da elementi provenienti da Libia, Penisola iberica, Gallia e Liguria, appoggiato da 200 navi da guerra venne trasportato in Sicilia da una flotta che sbarcò, verso la fine di maggio del 341, le truppe nei pressi di Lilybaeum (l’odierna Marsala), con l’intento di attaccare Siracusa.
L’esercito cartaginese, comandato da due generali, Amilcare e Asdrubale, appena sbarcato ebbe notizie dell’incursione di Timoleonte e decise di attaccarlo immediatamente, mentre stava lasciando le zone dell’incursione. Allora Timoleonte raccolse un esercito di 12.000 uomini (secondo Plutarco circa 6.000), composto da 3.000 Siracusani, qualche migliaio di mercenari ed alcuni gruppi di volontari, tra cui Siculi e Sicani raccolti in fretta, tra cui circa 1500 cavalieri, e  si mise in marcia, in territorio nemico, contro i Cartaginesi.
Arrivato nei pressi di Segesta, a metà giugno del 341, Timoleonte ottenne una schiacciante vittoria nella battaglia del Crimiso; il bottino di guerra fu veramente ricco, tanto che in seguito ne inviò una parte a Corinto per adornarne i templi.

Dopo la vittoria del Crimiso, Timoleonte avrebbe potuto riportare la Sicilia greca ai confini cui era già arrivato Dionisio I, nel 380 a.C., cioè tutta l’isola, eccetto l’attuale provincia di Trapani (meno la zona intorno a Selinunte che era greca) e la parte occidentale dell’attuale provincia di Palermo. Invece Timoleonte preferì cercare la pace coi Cartaginesi, per cui, lasciate alcune truppe a continuare il saccheggio, rientrò a Siracusa.

Nonostante la sconfitta i Cartaginesi continuarono la lotta, riallacciando i rapporti coi pochi tiranni rimasti, Hiketas di Lentini, che li aveva aiutati al Crimiso, Mamerkos di Katana e Hippon di Messana che aveva riallacciato i rapporti con Cartagine

Gescone, il figlio di Annone, che era stato esiliato col padre tre anni prima, arruolò mercenari Greci che, sbarcati a Messana, riportarono due vittorie sulle truppe siracusane, prima a Messana e poi a Ietai, nella Sicilia occidentale.
Allora, nel 339, si mosse anche Hiketas, che fece un’incursione in territorio siracusano, ma fu messo in fuga da Timoleonte, nei pressi del fiume Damiryas, vicino a Kamarina. Allora Hiketas, inseguito da Timoleonte, si rifugiò a Lentini, ma i suoi concittadini lo consegnarono ai vincitori, che fattolo prigioniero lo condussero a Siracusa, dove fu messo a morte, come traditore della causa nazionale. La moglie e le figlie di Hiketas furono messe a morte dopo una votazione dell’assemblea siracusana.
Subito dopo Katana si arrese, mentre Mamerkos si rifugiò a Messana, che fu attaccata e assediata da Timoleonte. Allora Hippon, tiranno di Messana, cercò di fuggire dal mare, ma, catturato dagli abitanti della città fu giustiziato nel teatro di Messana . Allora Mamerkos, tiranno di Katana, si arrese; fu condotto a Siracusa, dove fu condannato in un pubblico processo e fu crocifisso, come un brigante, a Siracusa stessa.
Così tra il 339 e il 338 la Sicilia fu definitivamente liberata dai tiranni (le ultime due città che furono liberate furono Kentoripa e Agyrion), per cui nel 337, si poteva sostenere che la Sicilia era completamente libera dal dispotismo; solo Andromaco continuava a governare Taormina come un sovrano costituzionale.

Nel frattempo però Cartagine, dopo la sconfitta di Hiketas, a Damyras e la successiva conquista di Katana da parte di Timoleonte, nel 339, iniziò una trattativa di pace che portò alla suddivisione della Sicilia in due parti.

I Greci riconobbero ai cartaginesi l’influenza fino al fiume Halykos, l’attuale fiume Platani, mentre i Cartaginesi riconobbero l’indipendenza di tutte le città greche ad oriente di quel fiume, si sarebbero astenuti da qualsiasi alleanza con eventuali tiranni della zona greca ed infine ogni cittadino greco della provincia cartaginese, se lo avesse desiderato, era libero di trasferirsi a Siracusa.

Un trattato di pace particolrmente benevolo nei confronti dei Cartaginesi sconfitti, ma bisogna considerare che Timoleonte in quel periodo era ancora in lotta contro gli ultimi tiranni e considerò molto positivo l’aver rotto il fronte tiranni-Cartagine.
La pace, ed il conseguente “status quo”, coi Cartaginesi fu così garantita per parecchi anni.

Gli ultimi anni di vita e morte
Nel 337, con gravi problemi alla vista, si ritirò a vita privata, rimanendo però a disposizione dei concittadini, sempre pronto a dare il suo contributo e quando si presentavano problemi importanti partecipava ancora all’assemblea cittadina, prendendo la parola.

Morì tra il 335 ed il 330 dopo aver passato gli ultimi anni di vita, pur completamente cieco, a dare consigli, molto ascoltati, a tutte le città dell’isola e non solo a quelle di fondazione Greca
Ai suoi funerali affluirono da tutta la Sicilia e l’epigrafe posto sulla sua tomba, citato da Plutarco, fu:

<<Il popolo di Siracusa dà qui sepoltura a Timoleonte, figlio di Timodemos, di Corinto, al prezzo di duecento mine e lo onora per tutto il tempo con gare musicali, equestri, ginniche; egli infatti cacciò via i tiranni, vinse i barbari in guerra, restaurò la grandezza delle città devastate e ridiede ai Greci di Sicilia le loro leggi.>>.
Fonti:

Link diretto alla pagina originale di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Timoleonte
M. Cary, Tebe, in «Storia del mondo antico», vol. V, 1999, pp. 90-118
R. Hackforth, La Sicilia dal 367 al 330 a.C., in «Storia del mondo antico», vol. V, 1999, pp. 248-278

Torna ai contenuti | Torna al menu