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Antonio Randazzo da Siracusa con amore
chiama ora
Ho amato ed amo la vita mio Signore, non temo il tramonto, spero nell'aurora mattutina inizio di una nuova era
ricordare il passato, vivere il presente e progettare il futuro
ricordare il passato, vivere il presente e progettare il futuro sperando in un mondo solo degno di essere vissuto
Ho amato ed amo la vita mio Signore, non temo il tramonto, spero nell'aurora mattutina inizio di una nuova era
un mondo solo nel rispetto delle diversità
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cantastorie

per leggere le poesie vedi fie pdf con traduzione in lingua italiana: pensieri in libertà
matinata di resurrezioni
sveglia a niautri
pi cu savissa scuddatu
a mia madre
cantastorie siracusano
ricordi
sicilia mia
alla faccia della zecca
febbre d'amore
la vera storia di Aretusa
matinata a Santa Cruci
facci dispirata
via Gargallo
ricordi comu venunu
Taliu ri 'na vota
tramuntu sarausanu
San Gaetano via Gargallo
Sicilia bedda
o figghiu nostru
u vinu
preghiera ringraziamento
dei delitti e delle pene
DEI DELITTI E DELLE PENE BARCA AFFONDATA E MARINAIO NAUFRAGO

In quella sera d'estate umida come mai, affaticato e accaldato, rientrai subito in casa, distendendomi a pancia in aria sul letto per cercare di rilassarmi. Nonostante tutti i tentativi non riuscivo a concentrarmi su cose piacevoli, eppure in passato ero sempre riuscito ad estraniarmi dalle porcherie del mondo. Qualcosa mi rodeva dentro, non ero soddisfatto di come andavano le cose e me n'attribuivo colpa. Si anch'io avevo collaborato contribuendo alla decadenza morale della mia città, non per responsabilità diretta, ma certamente per aver delegato incompetenti, arrivisti e speculatori. Probabilmente, allora, più per ignoranza. Essermi defilato senza assumere iniziative con la scusa che, " tanto è tempo perso". E' la storia di tanti miei concittadini con i quali certamente condivido quest'apatia, forse innata, per il clima di perenne scirocco dovuto alla posizione geografia, o forse ad una sorta d'accettazione passiva, sopraffatti da un atavico senso d'inferiorità nei confronti di certi nomi e dalle solite dinastie. Non riuscivo a rassegnarmi, ma forse non volevo. Ad occhi chiusi riflettevo sui fatti della giornata viaggiando con la mente ai tanti episodi, anche della mia infanzia. Chissà perché mi trovai a pensare a tutte le volte che in buona fede, speranzoso, avevo affidato le mie aspirazioni a questo o a quell'altro personaggio. Quanti fatti conosco, per averli vissuti personalmente, o perché mi sono stati raccontati da terzi. Improvvisamente la stanza parve oscurarsi come se avessero tolto la corrente elettrica. Il muro di fronte a dove stavo scomparve, e dall'altra parte, un po' più lontano, vidi lampi di fiamme altissime che invece di emanare luce, provocavano buio. Nel buio più profondo, su una specie di trono, vi era un uomo, una sorta di gigante che non si distingueva bene in faccia. Ogni tanto vi erano lampi e tuoni, senza che piovesse e, tra un bagliore e l'altro, mi accorsi che sbavava sangue nero. Non si distingueva bene il colore a causa del buio perché il colore appare solo con la luce; non mi spiegavo perché, ma ero certo che fosse sangue, e se volete saperlo, capii subito che si trattava di un diavolo. Era circondato da altri sbavati, tutti simili a lui. Davanti a dove stavano seduti, vi era una lunga fila di persone che passavano sotto. Oltre a facce per me nuove, vidi un gruppo di compaesani, conoscenti da bambino, compagni di scuola, di chiesa, di "casino" e di strada; qualcuno, conosciuto solo di nome, altri per fatti, qualcuno visto appena, in giro o in televisione. Man mano che questi passavano davanti allo sbavato, s'infilavano l'ago di una siringa nel braccio, la riempivano di sangue, e con essa, ad uno ad uno, firmavano il foglio che tenevano in mano. Appena finivano di apporre la firma, l'immediata metamorfosi, anche costoro sbavavano sangue nero. Prima di consegnare il foglio allo sbavato né leggevano il contenuto. "Mizzica"! Pensai: la cosa puzza, cosa sta succedendo? Avvicinai l'orecchio per sentire meglio. Dopo essersi qualificato con nome e cognome, udii che ognuno enunciava: "L'ANIMA DIAMO, A CONDIZIONE CHE LA CITTÀ' RESTI SEMPRE DISORGANIZZATA, SENZA PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE, STRADE DISSESTATE, PIENE DI BUCHI, SUDICIUME, SPAZZATURA A MONTAGNE, PALAZZI COSTRUITI SENZA PROGETTAZIONE, E TUTTE LE PENE DI SEMPRE, PER SEMPRE A NON FINIRE PER L'ETERNITÀ. CHI MUORE E CHI CAMPA EMERGEREMO SEMPRE ANCHE E SOPRATTUTTO IN TEMPI DI CRISI. Conoscendo la mia città da quando nacqui, non m'impressionai, perché nulla è cambiato da allora, solo la successione di persone. I gruppi affaristici e gl'intriganti hanno cambiato aspetto, immagine, si sono smaliziati, ma le porcherie sono sempre identiche. Incominciai a riflettere, finora non né avevo avuto il tempo, distratto com'ero a guardarli in faccia. "Mizzica"! Per dirla pulita, mi dissi: guarda questi figli di "puttana" cosa stanno combinando! Per amore del potere hanno venduto l'anima! Alla faccia loro "figli di cosaccia sporca"! Pensando questo e non sapendo cosa fare, in fila non c'era più nessuno, in quanto tutti avevano consegnato il foglio allo sbavato, questi, si alzò in piedi, per tutta l'altezza, sbuffando e vomitando fuoco dalla bocca, sicuro di se, altero a voce alta, gridò: io, disse il nome, che non capii perché sembrò straniero, in nome di mio padre, e di tutti i miei compagni, tutto questo m'impegno, vi do e vi consento, così dico e così sia. Unico limite, stabilito da Chi conta più di tutti, che sta in alto, e che qui non si può nominare, la gente come voi, anche se si profuma, si liscia, si lava, non può fare a meno di lasciare puzza dove passa". All'istante la cosa non mi fu tanto chiara, ma poi capii. Girando per la città e dintorni, la puzza che si sente é quella delle loro persone. Ho sempre ritenuto che fosse il lezzo della fognatura causato dallo scirocco! Sono loro "figli di prostituta"! Mi soffermai sul lato positivo della situazione, dicendomi: meno male, almeno avremo la possibilità di non lordarci, sapendo chi sono. Il loro lezzo, come una carta d'identità, sarà l'etichetta che ci consentirà di riconoscerli a " naso". Non potei fare a meno di riflettere tra me e me, ma per tutti in generale, guarda come la sete di potere, di ricchezza e la perfida arroganza di certa gente, non ha limiti. Brutte bestie! Tanta fu la rabbia che stavo per mettermi a piangere. Persi la pazienza e li apostrofai: ladroni puzzolenti! Sporchi delinquenti! Figli di…….! Non volete capire che siamo stanchi di voi e delle vostre malefatte, farete una brutta fine! Stracciate quel foglio, prima di finire all'inferno, come se già non ci fossero! Ora avete rotto a tutti le scatole! Pensate d'esser furbi solo voialtri! Sapete che lo siamo più di voi! Lasciate la presa e toglietevi le mani da li altrimenti ve le tagliamo! Cosa vi siete messi in testa, soprassedete prima che vi stacchiamo la testa dal collo! Uomo avvisato è mezzo salvato! Imbestialito, stavo per saltare, allo scopo di acchiappare quei puzzolenti per picchiarli e fargliela pagare una volta per sempre, quando udii una voce dolce, suadente che chiamava qualcuno, come una cantilena: vieni qua, vieni qua, non ti curare di loro ma guarda e passa. Di nuovo: vieni qua, vieni qua. Mi voltai a guardare chiedendomi se l'avessero con me? Non molto lontano, vidi una luce intensa che quasi m'accecò, tanto era abbagliante. Il buio di prima, non c'era più, e non c'erano più né lo sbavato maledetto, né tutti i suoi servi. Stavo uscendo pazzo, che cavolo mi stava succedendo, pensai, dove sono, non stavo acchiappando i puzzolenti? Guardai meglio e vidi come tutti i colori dell'arcobaleno dopo la pioggia, un gruppo di persone, uomini e donne, ballavano e cantavano al suono di musiche celestiali. Un intenso odore di pulito nell'aria, mi riempiva il naso e i polmoni e, quell'atmosfera, mi estasiavano in un tutt'uno con gli astanti. Un'eterea figura femminile, staccatasi dal gruppo d'altre belle figliole che le stavano intorno, dimenandosi, mi fece segno con un gesto della mano. Era lei che aveva parlato prima e continuò dicendomi: vieni qua, vieni qua, figlio ingenuo bonaccione, bocca di latte, parla con me, perché ti fermi a perdere tempo? Ne hai tante cose da fare, disinteressati di loro e vai per la tua strada, scrollati le scarpe e prosegui, "non ti curar di loro ma guarda e passa"
vera storia di Aretusa
LA VERA STORIA D'ARETUSA
I vecchi SICULI, raccontavano e tutti i racconti incominciavano con le parole: cera una volta.
Questo mi fu raccontato dalla signora IRONIA diretta figlia di donna FANTASIA, discendente, insieme con INGEGNO, PENSIERO, RIFLESSIONE, RAGIONE, MEMORIA, del nobile INTELLETTO, gran dono di Dio agli uomini.
Ai tempi dei primi tempi, in una capanna a SUR-ACCO, scoglio caldo, in una viuzza, vicino a donna Giuseppina "PUDDA", abitava donna Sebastiana "IANA" filatrice, ruffiana, PARA-NINFA, per diletto, gran femmina da letto.
Tutta capanna e pagliaio, non per soldi, ma per fregola, era disponibile con qualunque forestiero di passaggio. Ascolta IRONIA, mi devi scusare, forse non ho capito bene, stai affermando che già a quei tempi a Siracusa, c'era una "puttana"? Mizzica! Precursori anche in questo furono i nostri avi, "ammapla!"
La MUSA, riprese dicendo: sei il solito linguacciuto e senza peli, questo mestiere, è il più antico del mondo, frutto del maschilismo di sempre, pensa però, a quanto bene all'umanità hanno fatto certe femmine, con la loro cosa.
Il danno è, che oggi, dalle tue parti, si prostituiscono, maschi e femmine, per soldi e potere, adesso fammi continuare, senza cambiare discorso.
Durante uno dei passaggi con i forestieri, donna Sebast-IANA, restò incinta e quando fu il tempo, partorì una figlia, che chiamò Are-TUSA.
Era un amore di bambina e Sebast-IANA, non le faceva mancare niente, anche se era "figlia della colpa".
Per addormentarla, le cantava questa ninna nanna: Figlia bella in questa capanna ci resteremo quaranta giorni, se la legge ci manda via, andremo da un'altra parte.
A Voh, Boh e boh, dormi figlia e fai la nanna.
Senti MUSA, la fermai io, mi devi scusare, ma questa è la ninna nanna che mia madre, cantava per me e per i miei fratelli, cosa mi stai imbrogliando, come può essere?
Non ti agitare, disse lei, é vero quello che dici, la ninna nanna, è l'unica cosa, che fu tramandata dai SICULI, a tua madre e a voi, perché ripetuta oralmente, da madre in figlia, e adesso fammi andare avanti con le altre strofe. Il papà è andato a caccia, a sparare l'uccellino, l'uccellino se ne volò, dormi figlia del tuo papà, figlia bella, figlia di latte povera madre che deve badarci. Aoh, mboh e mboh, dormi figlia del papà tuo. Figlia bella, la culla è rotonda, se non ti addormenti, ti prendo a botte. Aoh, mboh e mboh, dormi figlia del papà tuo. Questo continuava, fino a quando TUSA non si addormentava. Grazie IRONIA, gli dissi io, grazie, che hai cantato la ninna nanna che mi cantava mia madre, per un momento sono tornato ad essere neonato, e, dopo quel che hai detto, sono sicuro, che almeno per parte di madre, sono d'origine SICULA. Hai ragione, disse lei: a quei tempi, gli eserciti, erano composti da soli uomini, e le donne, li trovavano nei posti dove andavano, perciò tu, o solo per parte di madre, o interamente, sei d'origine SICULA, e fosti fortunato di conservare quella mentalità. IRONIA, ricominciò a raccontare: passarono gli anni, e TUSA, crebbe bella e dolce, nelle mani di lANA e PUDDA, la vicina che aiutava IANA, nei momenti che questa aveva i suoi da fare. Tutti, nei villaggi dei dintorni conoscevano i traffici di lANA, ma allora, come adesso, si faceva tutto di nascosto, perché si teneva all'onore, e nessuno ne parlava. Prima di GIUSEPPE VERDI, i SICULI, capirono che "la calunnia è un venticello", anche perché, c'era il pericolo, che le colpe di tutti, si scoprissero; già allora, le donne, comprese quelle sposate, avevano l'amante, come adesso. Passarono gli anni, e TUSA diventò una bella "pollastra", che più cresceva, e più si faceva attraente e appetibile. Spesso s'infuocava provocandole eccitamento che ne faceva scaturire la fregola, buon sangue, non mente. Ogni giorno, aveva preso l'abitudine, di rinfrescarsi nella sorgente li vicino, sdraiandosi nuda sugli scogli. Lo stesso Sole, se la rideva, nel vederla, provando piacere, nel carezzarla con i suoi raggi. Anche le quaglie, provavano piacere vedendola, a quei tempi, nella zona, volavano a migliaia, per questo Siracusa, allora, fu chiamata "isola delle quaglie". Donna lANA, femmina di mondo, tanto esperta in quel campo, accorgendosi delle fregole della figlia, chiamò PUDDA, e gli disse: Donna PUDDA, vi mando via, se brucia la vigna, PUDDA, rispondeva: IANA, non aver paura, che tua figlia non "pompa". Passò altro tempo, ma la cosa non finì così, perché le fregole, aumentarono. lANA, chiamò la figlia e le disse chiaro. Figlia mia, lo dico per il tuo bene. Anch'io fui in quello stato, e, mi finì male, stai attenta, non scherzare con le fregole, e non tifare imbrogliare da nessuno, stai accorta, perché appena ti lasci andare, ti trovi con il "paglione" bruciato. lANA, lo sapeva, che quando spunta la Luna, il "paglione" balla. TUSA, tranquillizzò la madre, e la cosa continuò come prima. Nello stesso periodo, dall'altra parte della FONTANA, in località PANTANELLI di SIRACO, un posto non molto odoroso e insalubre, abitava un giovane pescatore, quasi della stessa età di TUSA. Tutti sapevano, che era frutto di un altro passaggio, "forestiero" di lANA, e sapevano, che quando questa lo aveva partorito, se n'era sbarazzata, lasciandolo in una culla di paglia in mare. La forte corrente della sorgente, allora dalla fonte, usciva un fiume d'acqua e, non c'era il muraglione che usate oggi per andare alla marina, aveva trascinato la culla, proprio nel fiume, ai PANTANELLI. Si sapeva, da chi era stato partorito, ma lo chiamavano CIANE, "figlio di NESSUNO". Il ragazzo, era stato allevato da una famiglia di pescatori, che aveva trovato la culla. Pure il giovanotto aveva le fregole. Avendo sentito parlare delle bellezze di TUSA, ogni giorno, andava ad appostarsi, per vedere la "pollastra" nuda. Senti MUSA, la interruppi io: qui qualcosa non quadra, come faceva CIANE, ad arrivare dai PANTANELLI, alla FONTANA? Hai ragione, precisò la MUSA, scusami, non te l'ho detto: in quei giorni, la civiltà e il progresso, non erano arrivati nella tua zona. Il porto, non era la fognatura che è adesso, e, allora, il mare era passante, tra l'imboccatura, CASTELLO-PLEMMIRIO, e il FORTE DEL GALLO "TALlO", passeggio TALETE. Non c'erano gli scarichi del PLEMMIRIO e di PUNTA CALDERINI, del TIRO AL PIATTELLO, e quelli dall'altra parte dell'ARSENALE, che si vedono, e non si vedono. Non c'erano stati, la SALSAMENTERIA di BORDI e lo stabilimento del "torsolo" per ricavarne olio di sansa d'olive, della S.P.E.R.O.. La sabbia della PLAIA, quasi a pelo d'acqua, arrivava fino alla SPIAGGETTA, dove sono "I SETTE SCOGLI". I pesci, erano a migliaia, e le vongole, nella sabbia, si raccoglievano a chili, perché ancora, non li avevano scoperto i"CATANESI". CIANE, con due salti, quattro bracciate, in un volo, attraversava. Il gran figlio di "Nessuno", si mise in testa di "fare la festa " a TUSA. Pure alla giovanetta, che sott'occhio guardava i movimenti del ragazzo, presero le fregole, ed intenzionalmente, si accarezzava e si muoveva tutta, facendo finta di niente. Lo sai, che la paglia vicino al fuoco brucia, e, " tanto la "quartara", va all'acqua, che si rompe o si spacca"? Insomma, entrambi, perdettero la testa, senza sapere d'essere fratello e sorella, per parte della madre. Tanto fecero, che si accoppiarono, e, "maturarono i fichi". Non poteva esserci più rimedio quando da lontano se n'accorse PUDDA, che graffiandosi tutta, incominciò a sbraitare gridando verso CIANE: maledetto, cosa hai fatto, che porcheria combinasti, adesso chi porta la notizia a casa? Quella è tua sorella, e quando arrivò vicino, gli chiarì come stavano i fatti. Appena CIANE capì la tragedia, fuggì correndo per buttarsi a mare. Nuotando come un pazzo, attraversò il mare e il fiume, e, giunto nei pressi della sorgente dov'era stato salvato da bambino, stanco e senza più fiato, si lasciò morire. Da allora il fiume, per ricordo, è chiamato CIANE, come si chiama ancora. Nel frattempo, attirato dalle grida di PUDDA, si raccolse tutto il paese, compresa lANA, che appena capì, arrabbiata nera, acchiappò TUSA per i capelli, sbattendola da una parte all'altra. TUSA, soddisfatta, con la faccia a chiazze, rossa come un papavero, mentre cercava di liberarsi i capelli, scivolò, e cadde nell'acqua, che usciva come un fiume dalla roccia, scomparendo in mare per sempre. Da allora, la "FONTANA", la chiamano ERA-DI TUSA, per ricordo, del posto dove si sdraiava al Sole, la ragazza. lANA, per la pena, diventò magra come uno stecchino, perché non volle più mangiare. Fu processata, davanti al consiglio degli anziani, come si usava allora, per delitto d'onore, ma fu assolta. Fu così, che ebbe origine tale reato, che fino a poco tempo fa, era nel vostro Codice Penale. Della PARA-NINFA, non si seppe più niente, ma c'è chi dice, che diventò prostituta da due soldi, morendo sifilitica. PUDDA, manutengola e "ruffiana", aprì un "casino "per conto suo, e fu la prima ruffiana", ad aprire una "casa chiusa" a SIRACUSA. Ti è piaciuto il racconto. Disse IRONIA, compiacendosi? Adesso bevi l'acqua, che ci riprendiamo, prima di continuare. Veramente bello il racconto, cara MUSA, però, a me pare, troppo fantasioso, cosa vorrebbe farmi credere, che questa è la vera storia d'ARETUSA e del FONTE? Io la sapevo in un altro modo. Poteva essere cosi? Lo so, disse lei, sai che chi racconta si lascia andare con la fantasia? Feci anch'io così, tanto, carte scritte non ce né. Coloro che si dicono storici, ne hanno scritto tante "minchiate ". Quello che raccontai io, è il sugo, delle cose d'uomini e donne con i piedi per terra, e non, tutti le fantasie mitiche, di DEI e DEE, tramandatevi dai GRECI, e, che adesso ti racconterò. Intanto fregatene e beviamoci un po' d'acqua. Approfittando del fatto che la MUSA, si era fermata per riprendere fiato, le domandai: mi vuoi dire, com'erano i SICULI di carattere, come vivevano tra loro? L'argomento mi sta appassionando. Ecco, disse lei, questa è la domanda intelligente che mi aspettavo. Nessuno, finora, se n'è curato, bravo! Non esaltarti tanto, e stai calmo, senza sbrodolarti troppo. I SICULI, non avevano tante fregole, e, anche se non furono un vero popolo, come l'intendiamo oggi, cercavano di vivere tranquilli gli uni e gli altri, senza danneggiarsi a vicenda, perché volevano vivere in pace. Proprio a SIRACUSA, ancora non avevano pratica per la guerra, salvo qualche racconto di viaggiatori, ed erano sinceri, senza tanta malizia. A quei tempi, ancora non c'era tanta differenza nelle condizioni sociali e non esistevano i RICCHI e i POVERI, come oggi. A quei tempi, tutti lavoravano, o andavano a caccia, per procurarsi da mangiare, però, solo il necessario, quanto poteva bastare per tutti. Ogni famiglia, allora, aveva una capanna ed il necessario per riempire lo stomaco. Tutta la SICILIA, era un bosco. Non era stata ancora sottomessa dagli antichi ROMANI. Questi, per usare i tronchi nella costruzione delle navi, la disboscarono completamente. Non c'erano i PIROMANI, come succede oggi. La terra era così fertile, che qualsiasi cosa nasceva spontanea. Quello che si seminava, cresceva in abbondanza ed il frumento, si poteva seminare e raccogliere due volte l'anno. Ancora le terre, non erano state abbandonate per le fabbriche, cattedrali nel deserto, e per il mercato comune, con la scusa di difendere il prezzo e il lavoro degli operai. Allora IRONIA, le dissi io, la SICILIA, non era lo schifo d'oggi, era una specie di paradiso? Proprio cosi, rispose la MUSA, perché allora, in tutti i tempi, la maggior parte degli uomini cercarono di possederla e l'hanno "sfriculiata"? Caro bitorzolo, quelli erano "I TEMPI QUANDO BERTA FILAVA, RIEMPIVA I FUSI E LI DISFACEVA" come usa dire, ancora oggi, qualcuno di voi. Ti posso dire, che quelli erano tempi d'uomini ingenui come te, caro PETO-NINO, non come quelli d'oggi, dei tanti PETI-GONFIATI. Sei soddisfatto? Posso andare avanti; domandò IRONIA? Cara MUSA, vai avanti, ma con calma, perché voglio capire bene quello che racconti, le dissi.
E-mail: randazzoantoniosiracusa@gmail.com
via Agostino Scilla n.29
96100 Siracusa
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