grotta di Artemide - Archeologia Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Archeologia
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grotta di Artemide

Grotta di Artemide a Scala Greca, che nel suo relativo isolamento rappresenta una pagina della complessa  storia della Siracusa greca. In primo piano l’altare di pertinenza al luogo di culto.
è adiacente all'antica via di accesso alla città da nord vedi l'antica scala dei greci

La località di Scala Greca che rappresenta un punto nevralgico della città moderna, lo fu anche per la città greca. Le numerose carraie che solcano la roccia testimoniano il nodo stradale che da Siracusa si dipartiva per Megara Iblea, Lentini e Catania e che metteva in comunicazione col proasteion (piccolo abitato) sul porto del Trogilo (presso la Tonnara di Santa Panagia). Il borgo comprendeva una zona sacra e la  necropoli a nord. Lungo l’estrema propaggine  della balza rocciosa contigua a quella che era  la vecchia strada provinciale, e oggi visibile dalla statale 115 a sinistra per chi esce da Siracusa, si aprono alcune grotte. La prima fu oggetto di indagine archeologica da parte di Paolo Orsi nel 1900, che rivelò la sua frequentazione da parte dell’uomo a partire dal periodo greco (fine del V sec. a.C.)  sino all’età bizantina, medievale e oltre. La grotta è attraversata da un tratto di acquedotto greco con relativo pozzo di attacco, della fine del VI- inizi  del V secolo a.C., che serviva i quartieri di Tycha e Akradina. La presenza dell’acqua all’interno della grotta avrebbe potuto fare pensare ad un Ninfeo, ma così si esprime Paolo Orsi: nulla che accenni a tale culto fu colà rinvenuto e nulla di arcaico, anzi, singolare coincidenza, nulla del V secolo ma del IV e del III di guisa che sembra risultare la grotta abbia cominciato ad essere luogo di culto solo poco prima che l’acquedotto cessò di funzionare. Nel periodo classico la grotta fu, dunque, adibita a luogo di culto. Una conca sacrificale, le cui pareti interne presentavano tracce di bruciature si trova al centro dell’antro, e restituì frammenti di ossa combuste e di terrecotte votive. Davanti all’ingrottamento (in origine decorato da una cornice parte in pietra e parte in stucco ed arricchita con elementi scultorei fissi o mobili), vi è una panca lunga quasi 7 metri, dipinta in origine in rosso, utilizzata per l’esposizione delle offerte votive e vi sono alcuni sedili  per i fedeli che  qui avevano convegno per i sacri riti. Visibile, inoltre, un altare rettangolare (3,70 x 2,10 metri) che era  arricchito, nella sua parte elevata, da elementi scultorei in pietra calcarea come si evince dal rinvenimento di un frammento di ala e  da un altro di panneggio. Nonostante i saccheggi, Orsi  raccolse parecchie centinaia di  frammenti relativi a teste, maschere, parti di figurine in argilla e vasetti e ancora  frammenti che rappresentano asce, fiaccole, tronchi d’albero (talvolta palme), cani, leoni, pantere, lepri, cavalli, capre, maiali, grifi, uccelli  (IV-III sec. a.C.). Attraverso l’accurata analisi di queste terrecotte, Paolo Orsi identificò il culto e la divinità a cui fa riferimento la grotta di Scala Greca: Ed ormai il nome di Artemide e di Artemision apparirà  a tutti giustificato. A seconda degli attributi Artemide  è la dea della natura (con alberi) e il suo culto si effettua non solo nelle città, ma anche  in riva al mare, sulle montagne, presso le sorgenti e nei boschi dove, sugli alberi si appendevano le offerte votive; è protettrice dei campi, dell’agricoltura e dell’allevamento (cavallo, maiale…); è protettrice degli animali, con cervo, pantera, leone sul capo dei quali poggia la mano; è dea della caccia notturna (fiaccola) e diurna (cane, lancia, ascia..); è protettrice dei naviganti, con le barchette sulle spalle, dei viaggiatori e commercianti terrestri, dea della vita e della morte, della fertilità e dei parti,  è dea  della guerra.
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