Temenos di Artemis - Archeologia Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Archeologia
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Temenos di Artemis

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Temenos di Artemis
La Pelagatti (1973) scavando sotto e attorno al Tempio Ionico, ha rinvenuto tracce di un’area sacra (sacello ed ara probabilmente) databile già agli inizi del VI sec. a.C. (fig. 4). Nella stipe votiva, spicca per la sua qualità artistica il viso frammentario di una Sfinge, databile al 560-550 a.C. (Fouilland 1973).
Nel quinquennio 2006-2010, allo scopo di realizzare un percorso museale e un padiglione di
accesso all’area dalla via Minerva, sono state avviate esplorazioni di scavo presso il Tempio Ionico in Ortigia, dirette da Lorenzo Guzzardi (2012, 2013). I risultati delle tre campagne di scavo hanno ridisegnato la sequenza cronologica delle fasi architettoniche del tempio (fig. 5).

Sopra i resti di capanne sicule, i coloni avrebbero edificato un primo oikos con altare in asseracchiuso in un temenos. Durante il VI sec. a.C., furono edificati altri edifici che mantengono lo stesso orientamento delle strutture sacre rinvenute da Paolo Orsi, durante i suoi scavi nell’area.
Fra di essi va citato il Naiskos A con relativo altare a dado (le cui fasi sono state inquadrate già dal Roveretano), databile al primo ventennio del VI secolo. Guzzardi ha proposto di attribuire all’oikos dentro il tempio le terrecotte architettoniche che erano state attribuite al primo Athenaion (il cd. Naiskos A). Sulla base dei nuovi dati, la costruzione della cella divisa in pronao ed opistodomo è datata al 490-480 a.C., mentre la peristasi si daterebbe ad età tardo-classica o ellenistica, dal momento che la sua fondazione taglia la cloaca dell’Athenaion. Si dovrebbe quindi ritenere che sul più antico oikos, Gelone abbia edificato un tempio di ordine ionico, e che lasciato interrotto dalla caduta della tirannide, sia stato proseguito sotto Dionisio I o Timoleonte. Il vicino Athenaion invece, sarebbe opera di Ierone I. Dato il carattere ctonio di alcuni resti di sacrifici rinvenuti nell’altare del primo oikos, Guzzardi lo attribuisce ad Artemide, così come il tempio che ne inglobò i sacri resti e che fu distrutto solo verso il I sec. a.C., quando ancora Cicerone poté ammirarlo insieme al Tempio di Athena.
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