Agamennone 1960 - siracusa tragedie greche

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Agamennone 1960

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Orestea-Agamennone di Eschilo 1960

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Con l'Orestea, l'unica trilogia completa che ci resta di tutto il teatro classico, composta dall'Agamennone dalle Coefore e dalle Eumenidi, Eschilo vinse il primo premio nel 458 avanti Cristo
II dramma satiresco che accompagnava la trilogia, intitolato Proteo, non ci è pervenuto.
La trilogia, che svolge il mito degli Atridi (l'altra casa maledetta dopo quella dei Labdacidi), ha un'unità assai salda ed una potenza drammatica incomparabile.
Essa è l'ultima creazione di Eschilo e ri¬mane la più alta espressione del suo genio e uno dei più grandi capolavori di poesia che possegga il teatro di tutti i tempi
L'Orestea, che sotto il profilo tecnico ha accolto la novità sofoclea del terzo attore, è trilogia singolare e originale, perché espressione profonda dei pensieri e motivi molteplici e complessi.
Viene sviluppato il tema della colpa e della punizione: nessuno è punito, infatti, se non ha personalmente peccato, anche se l'eredità del peccato induce alla colpa; gli dei, dal canto loro, perdonano e agiscono non già sospinti da cieca invidia.
Con l'Ore¬stea, inoltre, si intravede una nuova dimensione del significato della vita dell'uomo: "l'umanità gravata di colpe — come osserva Achille Fiocco — cammina verso la luce di una giustizia superiore".
Tale è il messaggio eschileo della trilogia, così come emerge nel triplice iter dell'Agamennone, delle Coefore, delle Eumenidi
Nell'Agamennone, che è dramma dell'angoscia e dell'oppressione, il nobilissimo sentimento dell'amore materno si trasforma in passione furente che porta all'omicidio.
Con le Coefore, si assiste all'alternarsi degli stati d'animo, a volte nobilissi¬mi e profondi, a volte duri e spietati.
L'intreccio, che scaturisce dall'azione, è sempre vivissimo.
Con le Eumenidi, si ha l'esaltazione del contrasto uomo-dio e viene partecipata la celebrazione del perdono degli dei: Oreste, infatti, pur essendo colpevole, si salva per beneficio concesso dai celesti.
Una sentinella, sul tetto della reggia degli Atridi in Argo, attende il segnale di fuoco che deve annunziare la presa di Troia.
Infine il fuoco appare sulle vette dei monti ad avvisare che Troia è caduta.
Mentre la sentinella si ritira per comunicare la notizia a Glitennestra, entra il coro dei vecchi argivi.
Appare la regina, felice della buona notizia e, poco dopo, l'araldo Taltibio che annuncia il ritorno di Agamennone vittorioso.
L'eroe giunge sul carro, insieme con la prigioniera Cassandra, figlia di Priamo, ed è accolto da Clitennestra con dimostrazioni di tenerezza e di gioia.
La sua gioia sincera è determinata non dal suo affetto di sposa, ma dal vedere vicino il compimento del delitto preparato per vendicare la fine della figlia Ifigenia.
Clitennestra, che vuole dimostrare col suo linguaggio ipocrita di adorare il marito, fa stendere ai piedi di Agamennone dei drappi rossi perché su di essi entri nella reggia.
Il re, dopo averle raccomandato di accogliere con benevolenza Cassandra, entra nel palazzo seguito da Clitennestra, mentre Cassandra rimane immobile dinanzi alla soglia.
In preda al delirio profetico, l'infelice vede le sventure passate della casa dei Pelopidi, l'orribile cena in cui Atreo imbandì al fratello Tieste le carni dei figli e predice al coro esterefatto l'uccisione imminente di Agamennone per mano della moglie adultera, la propria morte e quella futura di Clitennestra e del suo drudo Egisto per mano del figlio Oreste.
Poi, varca la soglia fatale e si avvia al suo destino.
Dall'interno della reggia giungono le grida di Agamennone colpito a morte.
Ed ecco riappare sulla porta della reggia, diritta e superba, Clitennestra con la scure insanguinata ancora in mano: al suo fianco sono i cadaveri di Agamennone e di Cassandra.
Al coro che lamenta il re ucciso, Clitennestra confessa e giustifica il delitto a lungo preparato (vendicare la fine della figlia Ifigenia).
Arriva, intanto, Egisto per rivendicare i suoi diritti sul regno: il suo tono tracotante irrita il coro e solo l'intervento della regina impedisce che si metta mano alle spade.
Clitennestra si ritira poi con Egisto nella reggia.
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