Le Fenicie 1968 - siracusa tragedie greche

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Le Fenicie 1968

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Le Fenicie di Euripide 1968

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L'azione, nel dramma dei Labdacidi che tratta la sorte cruenta dei figli di Edi-po, ha inizio con il ritorno a Tebe, insie¬me con Adrasto re di Argo e un potente esercito, di Polinice. Questi, infatti, vuole rivendicare i suoi diritti dopo l'ostinato ri-fiuto del fratello Eteocle di regnare alter-nativamente nella città. La madre Gioca- sta (moglie incestuosa di Edipo), nel pro-logo che recita, tenta di riconciliarli, ma i suoi tentativi sono vani: l'attacco contro Tebe diventa, infatti, inevitabile. Antigo-ne, accompagnata dal Pedagogo, sale sul-l'alto della reggia per vedere il campo de-gli assalitori di Tebe: Polinice, venuto con un salvacondotto ad incontrarsi con il fratello, è salutato dal coro di schiave fe-nicie destinate al tempio di Apollo, ed è accolto amorosamente da Giocasta, cui narra le vicende del suo esilio. Polinice, alla presenza della madre che tenta di pa-cificarli con un incontro, ha un colloquio con Eteocle, ma il colloquio si risolve in una ulteriore esasperazione degli animi. Consigliato da Creonte, zio materno, Eteocle prepara le difese e manda a chia-mare l'indovino Tiresia il quale predice la vittoria delle armi tebane se Meneceo, fi-glio di Creonte, sarà sacrificato. Malgrado l'opposizione paterna, Meneceo preferisce eroicamente perire e, come narra poi un messo, si uccide presso le mura per la sal-vezza della città. L'assalto degli argivi è respinto. Si stabilisce allora di risolvere la contesa con un duello fra Eteocle e Poli-nice. Troppo tardi Giocasta invia Antigo¬ne a dividerli: nel combattimento i due fratelli, come si viene a sapere da un mes-saggero, periscono entrambi e Giocasta disperata si toglie la vita. Antigone e il vecchio Edipo sfogano in lamenti il loro cordoglio; ma Creonte, assunto il governo di Tebe, ritenendo Edipo responsabile delle sciagure, lo condanna all'esilio e lo scaccia dalla città assieme alla figlia. Creonte ordina inoltre che Polinice resti insepolto. Antigone non si piega al suo decreto e decide di trasgredirlo: rinunzie- rà anche alle nozze con Emone, figlio del nuovo re, e accompagnerà piuttosto nel-l'esilio il vecchio e cieco padre, che sa di dover morire a Colono, presso Atene.
La composizione delle Fenicie è fissa-ta, secondo la maggioranza dei critici, tra il 410 e il 408 quando Euripide si avvicina ai settanta anni
Il suo titolo deriva dalla patria di ori¬gine delle giovani donne del coro, oriunde di Tiro, antica città della Fenicia.
Con le Fenicie, che fanno parte del ciclo tebano e che si riallacciano ai Sette a Tebe di Eschilo, l'arte di Euripide può dirsi adeguatamente espressa. A un Eschi¬lo sospinto da ardore bellico, si oppone un Euripide che sapientemente intrec¬cia, in un gioco brillante di figure umane, un articolato ed animato contesto di azio¬ni.
Dalla critica, comunque, la tragedia non sarebbe ritenuta tra le migliori sia per la staticità sia per la mancanza di unità di azione. E' doveroso, però, notare che, no¬nostante le evidenti carenze suindicate di natura prevalentemente tecnica, il dram¬ma ha nel complesso una sua particolarità e un suo fascino, i quali possono essere rinvenuti nella vivacità delle azioni, nei dialoghi serrati, nelle narrazioni interes¬santi come quelle relative allo scontro de¬gli eserciti avversi sotto le mura di Tebe. E che dire ancora della umanità profonda dei personaggi quali Giocasta, Meneceo, Antigone che emergono per nobiltà sulle bassure della vita quotidiana? I cori, inol¬tre, nonostante non siano legati all'azione tragica come si conviene, raggiungono a volte note estetiche veramente eccezionali quando esprimono tutta l'armonia dell'ar¬te poetica.


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