Le Troiane 1952 - siracusa tragedie greche

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Le Troiane 1952

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Le Troiane di Euripide 1952

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Subito dopo la conquista di Troia, le prigioniere troiane sono assegnate come bottino di guerra ai greci vincitori. Il dio Poseidone, che viene a dare l'estremo sa¬luto alle mura che ha costruito, nel pro¬logo fa conoscere gli antefatti della trage¬dia. Accanto a lui compare Atena che si accorda con Poseidone per distruggere la flotta greca nella navigazione di ritorno verso la patria. E cuba, presente sulla sce¬na dal principio alla fine del dramma, in una commossa monodia, rievoca la rovi¬nosa spedizione dei greci e la distruzione della patria e della famiglia. Arriva frat¬tanto l'araldo Taltibio, il quale informa Ecuba che ha già avuto luogo l'assegnazio¬ne delle prigioniere ai guerrieri vincitori: Cassandra è toccata ad Agamennone, Po¬lissena ad Achille, Andromaca a Neotto- lemo, Ecuba stessa a Ulisse. Ed ecco appa¬re Cassandra, invasata dal dio, la quale profetizza le sventure prossime dei greci, la futura sua morte e quella di Agamenno¬ne. Giunge intanto Andromaca che tiene in braccio il piccolo Astianatte; a lei Taltibio comunica la decisione dei greci di uccidere suo figlio e porta via il bambino. Subito dopo si presenta Menelao per ri¬prendere la moglie Elena, che intende pu¬nire con la morte non appena saranno ritornati a Sparta. Nella parte finale del dramma torna ancora Taltibio per resti¬tuire a Ecuba (non alla madre Androma¬ca, ormai partita), sullo scudo di Ettore retto da alcune guardie, il cadavere del piccolo Astianatte, sul quale la regina le¬va il suo amaro compianto. Infine, mentre la città crolla divorata dall'incendio ap¬piccato dai greci, l'araldo conduce le don-ne e la regina alle navi greche verso la schiavitù.
Le Troiane sono rappresentate nelle Grandi Dionisiache del 415 avanti Cristo.
Sono forse l'espressione pili sublime della poesia drammatica di ogni tempo. Nell'opera emerge Ecuba, personaggio complesso che testimonia un tragico de¬stino: essa, infatti, per le sciagure e per il dolore da cui è atrocemente provata, è simbolo della persecuzione. Per questo il poeta, più che indugiare sui vacui ottimi¬smi o su pensieri di vano orgoglio, sembra sospingersi verso duri esami di coscienza che lo inducono a considerare quanto il suo popolo sia crudele, quanto sia assurdo vivere se la vita è così vissuta.
La critica non si è sempre espressa favorevolmente nei confronti delle Troia¬ne, soprattutto allorché si è voluto accu¬sare l'opera di mancanza di unità di azio¬ne e di eccessiva staticità. Se, comunque, è vero che la tragedia, come d'altro canto quasi tutte le opere di Euripide, è formata da una serie di episodi non intimamente legati tra loro attorno ad un unico evento tragico, è anche vero che lo spirito delle singole parti è unico: si pensi, infatti, al sentimento del dolore per il disastro di Troia o alla sofferenza che segue la scon¬fitta. Ecuba racchiude in se tali sentimen¬ti che danno unità al dramma, al quale il poeta partecipa con la sua simpatia pro¬fonda per i vinti e con il suo odio impla-cabile per la guerra.


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