Ifigenia in Tauride 1933 - siracusa tragedie greche

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Ifigenia in Tauride 1933

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Ifigenia in Tauride di Euripide 1933

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Ifigenia racconta nel prologo di essere stata salvata da Artemide, che la sostituì con una cerva, mentre stava per essere sacrificata in Aulide per rendere felice la navigazione alla flotta greca.
Salvata dalla dea, è condotta fra i Tauri (popolazione barbara abitante la penisola oggi detta Crimea), ove esercita l'ufficio di sacerdotessa di Artemide, che la costringe a riti sanguinari: sacrificare alla dea i forestieri che capitano nel paese.
Ed ecco vi capita Oreste con Pilade, cui Apollo ha ordinato di recarsi fra i Tauri per rapire la statua di Artemide e portarla ad Atene.
Fatti prigionieri, devono, secondo il rito, essere sacrificati da Ifigenia sacerdotessa.
Avendoli riconosciuti per greci, Ifigenia li interroga e promette salvezza ad uno di loro, purché le prometta di recare una sua lettera al fratello in Argo.
Ciascuno dei due vorrebbe morire e così salvare l'amico: in questa nobile gara di generosità fra i due amici vince Oreste.
Ma la lettera di Ifigenia porta al riconoscimento dei due fratelli e alla fuga dei tre greci dalla terra barbara, fra lo sdegno del re Toante che vorrebbe raggiungere i fuggiaschi.
I tre sono però protetti da Atena, la quale trattiene il re barbaro dall'inseguimento.
La tragedia, secondo le indagini più attendibili, viene rappresentata verso il 414 avanti Cristo, prima dell'Ifigenia in Aulide che avrebbe dovuto precederla per quanto riguarda l'argomento.
Come in Elena e in Ione, anche qui il vero protagonista del dramma è la sorte, dominatrice sovrana.
Tutto il valore poetico del dramma è proprio nella figura di Ifigenia, delicata ed amorosa fanciulla costretta a vivere in mezzo a gente barbara lontano dalla sua patria bella e civile.
Agli intrecci complicati dell'azione, si alternano la soavità e la delicatezza di al­cune descrizioni                                                      ,
E' un'altra delle belle tragedie euripi­dee in cui si nota in maniera evidente il passaggio al melodramma.
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