Elettra di Sofocle 1956
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Elettra di Sofocle 1956
Il prologo ha luogo tra Oreste e il vecchio fedele pedagogo, che lo aveva allevato negli anni di esilio allorché gli era stato affidato in tenera età dalla sorella Elettra, per evitare che finisse nelle mani degli assassini di Agamennone.
I due, assieme al fedele Pilade, giungono di lontano dinanzi alla reggia degli Atridi a Micene, dove un giorno il re Agamennone fu ucciso dalla moglie Clitennestra e dal complice Egisto e dove oggi domina incontrastato, con Clitennestra, l'usurpatore Egisto, amante della regina assassina.
Assieme tramano l'agognata doverosa vendetta: il pedagogo diffonderà la menzogna della morte di Oreste, e il giovane, aiutato dall'amico Pilade, recherà a conferma l'urna funeraria che dovrebbe contenere le ceneri del defunto.
Ma ecco uscire dalla reggia Elettra, che sfoga col coro le sue pene, e quindi affronta la sorella Crisotemide, inviata dalla madre, atterrita da un sogno notturno, a far libagioni sulla tomba di Agamennone. Crisotemide, mite figura femminile, ormai assuefatta ad ubbidire agli uccisori di suo padre, rimprovera a Elettra la sua ostilità ai dominatori e le consiglia, se vuole evitare la prigione, di cessare dai suoi perpetui lamenti.
Crisotemide, che ama assai Elettra e la stima perché ne sente la superiorità morale e perché la vede soffrire, si lascia però subito persuadere da Elettra a non fare le libagioni ordinate dalla madre assassina sulla tomba del morto re.
Esce quindi dalla reggia Clitennestra, che rimprovera Elettra: ne segue un violento diverbio.
Ecco ora il pedagogo che, attuando il disegno concertato da Oreste, narra la misera fine del giovane.
Elettra, stupenda creatura, spenta l'ultima speranza, s'accascia sulla soglia: non le rimane che vendicarsi da sola o, al più, con il poco valido appoggio di Crisotemide.
Si fanno intanto innanzi, come era stato divisato, Oreste e Pilade che recano l'urna con le presunte ceneri di Oreste.
Alla disperazione che coglie Elettra, Oreste riconosce la sventurata sorella e finalmente si fa riconoscere non potendo più frenare la propria commozione.
Il pedagogo interrompe le effusioni, dichiara che è necessario agire subito mentre Clitennestra è sola in casa, e sprona Oreste e Pilade a penetrare nel palazzo per iniziare l'opera progettata e vendicare così la morte di Agamennone, come vuole un oracolo di Apollo.
E i giovani entrano, mentre Elettra sta di guardia alla porta, affinché Egisto non giunga improvviso.
Non tardano molto a farsi udire le grida di Clitennestra morente sotto i colpi del figlio vendicatore.
Arriva frattanto Egisto dalla campagna, allettato dalla falsa notizia della morte di Oreste.
Spalancate le porte della reggia, Egisto riconosce con terrore la morta Clitennestra, immediatamente si avvede dell'agguato senza scampo, e cade a sua volta per mano di Oreste nel punto stesso della reggia ove, proprio da lui, fu trucidato Agamennone.
L'Elettra è di cronologia incerta, ma sembra potersi collocare prima di quella omonima di Euripide, fra il 418 e il 414 avanti Cristo.
Il dramma riprende la vicenda trattata da Eschilo nelle Coefore, ma Sofocle si discosta da Eschilo per molti tratti: in Sofocle domina la complessa figura di Elettra nella cornice di un'azione drammatica portata dall'autore al livello della esasperata volontà umana (in Eschilo, invece, Elettra ha un ruolo secondario).
Va notato inoltre che, allo studio psicologico dei personaggi e all'esame dei loro stati d'animo, si alterna nel dramma il gusto per l'intreccio, che è sempre desto: la scena del riconoscimento di Oreste, poeticamente assai felice, verosimile anche nei particolari, non avviene all'improvviso, ma esso è preparato ed atteso.
La figura della protagonista, creatura immortale invincibile nell'amore e nell'odio, acquista maggior rilievo per il contrasto con la sorella Crisotemide, personaggio evanescente e minore che s'è piegato alla necessità imposta dai fatti avvenuti e che mette in risalto la forza e il carattere di Elettra, sorella poetica di Antigone.