Edipo Re 1972
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Edipo Re di Sofocle 1972
Sono passati alcuni anni da quando Edipo, dopo aver liberato Tebe dalla Sfin¬ge, è succeduto sul trono di Laio e ne ha sposato la vedova, Giocasta, sorella di Creonte. Ed ecco una terribile pestilenza scoppia in Tebe; Edipo fa del suo meglio per sollevare il popolo il quale attende da lui, vincitore della Sfinge, un rimedio con¬tro il malanno della peste che affligge il paese. Edipo dà notizia di avere inviato a Delfi, presso l'oracolo di Apollo, il cogna¬to Creonte. Giunge quindi Creonte che re¬ca il responso dell'oracolo delfico: perché il terribile morbo cessi, è necessario si tro¬vi e si scacci da Tebe colui che, tuttora ignoto, uccise Laio, il vecchio re di Tebe. Edipo promette di far luce sul delitto e, per consiglio del coro, ricorre all'arte pro¬fetica del vecchio e cieco Tiresia, il quale non esita ad imputare il delitto ad Edipo stesso. Il sovrano non gli crede e lo scac¬cia, sospettando che sia complice di un complotto ordito da Creonte. Giocasta cerca di confortare il marito e lo esorta a non credere agli oracoli. Ma Edipo conti¬nua nelle indagini e vuole sentire il pasto¬re che è stato testimone dell'uccisione di Laio. Giunge intanto un messo da Corinto ad annunziare la morte del suo re, di quel Polibo che Edipo ha sempre creduto suo padre. La notizia è buona e sembra libera¬re il sovrano dalla taccia di parricidio. Giocasta proclama la falsità degli oracoli, ma Edipo teme che si possa avverare la seconda parte dell'oracolo: il matrimonio incestuoso con la madre (secondo la pre¬dizione dell'oracolo di Febo, Edipo avrebbe dovuto uccidere suo padre e unirsi poi con la propria madre). Il messo, per li¬berarlo da ogni timore, gli rivela che egli non è figlio di Polibo: il re lo ricevette in¬fante proprio dalle sue mani, dopo che a lui era stato affidato da un mandriano di Laio, che lo aveva raccolto sul monte Ci- terone. Giocasta è la prima a capire e su¬bito si allontana disperata dalla scena. Edipo invece non si rende ancora conto di nulla e vuole che si rintracci il mandriano per poter chiarire il mistero della sua ori¬gine. Arriva il vecchio mandriano: egli non è altri che il pastore tebano prima convocato. In un contrasto con il messo di Corinto si scopre tutta la verità: Laio e Giocasta, per timore della nota profezia, fecero esporre il neonato sulle balze del Citerone; il bimbo venne però salvato dal vecchio servo pastore di Laio ed affidato ad un pastore di Polibo, cioè al messo di Corinto, perché lo allevasse nella sua ter¬ra. Edipo allora piomba nella più grave di¬sperazione e fugge entro la reggia. La tra¬gedia, che si svolge lontano dagli occhi de¬gli spettatori, viene riferita da un servo: Giocasta si è impiccata ed Edipo si è acce-cato sul cadavere della moglie con una fibbia d'oro della morta. Edipo, con acco¬rata tenerezza, raccomanda al cognato Creonte le due piccole figlie Antigone ed Ismene e si allontana, solo, in volontario esilio, perché impuro e parricida.
E' incerta la cronologia del dramma: molto probabilmente viene rappresentato intorno al 425 avanti Cristo.
Con l'Edipo re, Sofocle riprende an¬cora una volta, dopo l'Antigone, il mito della stirpe maledetta dei Labdacidi con¬ducendo l'azione del dramma in maniera mirabile e perfetta.
L'Edipo re, il capolavoro di Sofocle, è forse l'opera più bella di tutto il teatro greco. Alla tecnica perfetta della forma si aggiunge la verità profonda di un conte¬nuto, che indaga mirabilmente su ogni di¬mensione della vita umana evidenziando¬ne i lati più terribili e tragici Oltre il mo¬tivo dell'ineluttabilità del destino affiora l'altro della scoperta da parte dell'uomo della duplicità della sua personalità: tale motivo, peraltro, è di grande attualità se si pensa al contrasto pirandelliano del ('teatro dello specchio".