Antigone 1924 - siracusa tragedie greche

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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Antigone 1924

Spettacoli -1914-1980 > rappresentazioni-1924
ANTIGONE DI SOFOCLE

Il dramma si ricollega al finale dei Sette a Tebe di Eschilo. Il prologo ha luo­go tra la protagonista, che ha deciso di seppellire anche il diletto fratello Polini­ce, violando il divieto dello zio Creonte, e la mite e timida sorella Ismene, che cerca di dissuaderla per evitare alla famiglia, già tanto provata dal dolore, nuovi malanni. Dunque, Antigone, irremovibile e corag­giosa, non ubbidisce all'ordine empio ed ingiusto del tiranno e da sola compie il proprio dovere. Giunge Creonte, che ha convocato gli anziani per illustrare loro il suo programma di governo. Una guardia viene ad annunziare che qualcuno ha rico­perto di terra il cadavere di Polinice. E' stata Antigone che, sorpresa mentre anco­ra una volta tornava all'opera sua di uma­na pietà, viene condotta prigioniera. Ha luogo così un fierissimo dialogo tra Creonte e l'animosa giovane. Antigone oppone all'arbitrario decreto contro la se­poltura di Polinice la potenza della legge divina, immutabile ed eterna, che onora i defunti: per lei, nata ad amare e non a odiare, i due fratelli sono eguali. Creonte, accecato dall'orgoglio, ordina che Antigo­ne sia rinchiusa viva in una caverna: l'eroi­na accetta sdegnosa e senza un tremito la pronunciata condanna. Dopo un coro splendido che esalta la potenza di Eros, Antigone muove verso il suo destino. Il cieco vate Tiresia esorta Creonte alla mo­derazione, ma quando Creonte è persuaso e vuole riparare ai suoi sviamenti ed erro­ri, ormai è troppo tardi: Antigone si è im­piccata. Accanto al cadavere dell'amata, il promesso sposo Emone, dopo un gesto di detestazione verso il padre Creonte, si trafigge con la spada. Anche Euridice, moglie del tiranno, all'annuncio recatole del suicidio del figlio, si uccide maledicen­do il marito. Creonte resta alla fine dispe­rato spettatore dei lutti che la sua bestiale crudeltà ha provocato e invoca a sua volta la morte.
La tragedia appartiene al periodo del­la maturità piena del poeta: la data quasi sicuramente va posta nel 442 avanti Cri­sto.
Il dramma riprende il motivo della se­poltura, già svolto nella seconda parte del- l'Aiace; ma, mentre nell'Aiace il tema del­la sepoltura è secondario rispetto al moti­vo della grandezza dell'eroe, qui domina tutto il dramma.
Trattasi di tragedia di impareggiabile tocco artistico: insieme con l'Edipo, può, infatti, essere definita il capolavoro di So­focle. La protagonista Antigone è condan­nata a morte perché trasgredisce gli ordini scritti di Creonte e perché segue quanto impone la sua coscienza. Se si dovesse pensare ad un contrasto sul quale è intes­suta la tragedia, non si dovrebbe comun­que ammetterlo tra Antigone e Creonte, troppo lontano quest'ultimo dalla nobiltà e dalla superiorità dell'eroina; si deve in­vece focalizzarlo tra Antigone e Ismene, l'una espressione di indomita volontà e di eccezionale dote dell'animo, l'altra dol­ce, ma rassegnata, ligia agli ordini, incapa­ce di sopraelevarsi trasgredendo comandi ingiusti, di carattere estremamente pie­ghevole. Colpisce comunque nell'insieme la maestosità del tono artistico che ha im­mortalato, tra le righe, oltre al contrasto sofferto degli animi, la loro complessa di­versità.
Antigone, una delle figure più pure e più alte del teatro greco, è l'eroina della tragedia, che si erge a difesa delle leggi non scritte ed eterne e dei più sacri diritti dell'uomo. La sua morte rappresenta il trionfo della giustizia divina sull'orgoglio umano e mette in evidenza la sua fede in­crollabile e il suo eroismo; eroismo che è anche sofferenza e dolore oltre che solitu­dine e incomprensione. Non dimentichia­mo che anche l'Antigone come 1'Aiace è il dramma dell'eroe e della sua solitudine tragica.
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