Antigone 1924
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ANTIGONE DI SOFOCLE
Il dramma
si ricollega al finale dei Sette a Tebe di Eschilo. Il prologo ha luogo tra la
protagonista, che ha deciso di seppellire anche il diletto fratello Polinice,
violando il divieto dello zio Creonte, e la mite e timida sorella Ismene, che
cerca di dissuaderla per evitare alla famiglia, già tanto provata dal dolore,
nuovi malanni. Dunque, Antigone, irremovibile e coraggiosa, non ubbidisce
all'ordine empio ed ingiusto del tiranno e da sola compie il proprio dovere.
Giunge Creonte, che ha convocato gli anziani per illustrare loro il suo
programma di governo. Una guardia viene ad annunziare che qualcuno ha ricoperto
di terra il cadavere di Polinice. E' stata Antigone che, sorpresa mentre ancora
una volta tornava all'opera sua di umana pietà, viene condotta prigioniera. Ha
luogo così un fierissimo dialogo tra Creonte e l'animosa giovane. Antigone
oppone all'arbitrario decreto contro la sepoltura di Polinice la potenza della
legge divina, immutabile ed eterna, che onora i defunti: per lei, nata ad amare
e non a odiare, i due fratelli sono eguali. Creonte, accecato dall'orgoglio,
ordina che Antigone sia rinchiusa viva in una caverna: l'eroina accetta
sdegnosa e senza un tremito la pronunciata condanna. Dopo un coro splendido che
esalta la potenza di Eros, Antigone muove verso il suo destino. Il cieco vate
Tiresia esorta Creonte alla moderazione, ma quando Creonte è persuaso e vuole
riparare ai suoi sviamenti ed errori, ormai è troppo tardi: Antigone si è impiccata.
Accanto al cadavere dell'amata, il promesso sposo Emone, dopo un gesto di
detestazione verso il padre Creonte, si trafigge con la spada. Anche Euridice,
moglie del tiranno, all'annuncio recatole del suicidio del figlio, si uccide
maledicendo il marito. Creonte resta alla fine disperato spettatore dei lutti
che la sua bestiale crudeltà ha provocato e invoca a sua volta la morte.
La tragedia
appartiene al periodo della maturità piena del poeta: la data quasi
sicuramente va posta nel 442 avanti Cristo.
Il dramma
riprende il motivo della sepoltura, già svolto nella seconda parte del-
l'Aiace; ma, mentre nell'Aiace il tema della sepoltura è secondario rispetto
al motivo della grandezza dell'eroe, qui domina tutto il dramma.
Trattasi di
tragedia di impareggiabile tocco artistico: insieme con l'Edipo, può, infatti,
essere definita il capolavoro di Sofocle. La protagonista Antigone è condannata
a morte perché trasgredisce gli ordini scritti di Creonte e perché segue quanto
impone la sua coscienza. Se si dovesse pensare ad un contrasto sul quale è
intessuta la tragedia, non si dovrebbe comunque ammetterlo tra Antigone e
Creonte, troppo lontano quest'ultimo dalla nobiltà e dalla superiorità
dell'eroina; si deve invece focalizzarlo tra Antigone e Ismene, l'una
espressione di indomita volontà e di eccezionale dote dell'animo, l'altra dolce,
ma rassegnata, ligia agli ordini, incapace di sopraelevarsi trasgredendo
comandi ingiusti, di carattere estremamente pieghevole. Colpisce comunque
nell'insieme la maestosità del tono artistico che ha immortalato, tra le
righe, oltre al contrasto sofferto degli animi, la loro complessa diversità.
Antigone,
una delle figure più pure e più alte del teatro greco, è l'eroina della
tragedia, che si erge a difesa delle leggi non scritte ed eterne e dei più
sacri diritti dell'uomo. La sua morte rappresenta il trionfo della giustizia
divina sull'orgoglio umano e mette in evidenza la sua fede incrollabile
e il suo eroismo; eroismo che è anche sofferenza e dolore oltre che solitudine
e incomprensione. Non dimentichiamo che anche l'Antigone come 1'Aiace è il
dramma dell'eroe e della sua solitudine tragica.